È da più
di vent'anni che convivo con dei cani. Tre cani, per la precisione: Baruzza,
Peppa e Mela, che si sono succeduti in quest'ordine in un appartamento di
novantasette mq senza giardino. Dunque è stato, e, tuttora, è necessario
accompagnarli ai giardinetti, per i bisogni. Facciamo in media quattro bisogni
piccoli e due grossi – tutti i giorni. Che moltiplicati per vent'anni fanno
29200 pisciatine e 14600 cacche. A cui sono seguiti quattordicimila e seicento
sacchettini neri cavati dalle tasche di jeans, giubbetti, piumini, a seconda
della stagione; quattordicimila e seicento piegamenti in avanti del busto;
quattordicimila e seicento volte la mia mano ha carezzato uno stronzetto ancora
tiepido e sodo – quando andava bene, e non era liquefatto in diarrea – prima di
trovare il verso giusto con cui raccoglierlo nel palmo e chiudere con un
piccolo nodo il sacchetto, per gettarlo finalmente nel cestino. Temo di aver
trascorso più tempo a raccogliere merda che a elargire baci.
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