Mi ricordo di un treno e di un campo da mini golf. È curioso che i due ricordi si presentino accoppiati: oltre all’incongruenza dell'oggetto, sono separati da oltre vent’anni. Partiamo dunque con ordine, è il 1970 e io e mio cugino Paolo ci troviamo nel campo da minigolf di Bormio. Come al solito ci ha accompagnati il nonno Pinin, se lo perdiamo di vista su via Roma basta guardare in alto – ma non troppo in alto – e cercare il suo cappelletto di velluto a coste marrone.
Una delle buche
presenta una figura a L: il primo tratto è diritto, il giocatore colpisce la
pallina indirizzandola verso una specie di castello con un foro abbastanza ampio d'accesso, da cui fuoriesce (il foro di uscita è più piccolo) dopo una
curva a gomito per dirigersi allo slargo conclusivo. Da un punto di vista
tecnico non presenta particolari difficoltà, e perciò è stata collocata tra le
prime del percorso. Tutto facile, a meno che non si mettano in mezzo due guastafeste
di quattro e cinque anni – io e Paolo.
Sufficientemente
piccoli per intrufolarci dal foro anteriore, intercettiamo, ben nascosti all'interno del castello, la pallina in arrivo per rigettarla nella stessa direzione da cui è arrivata, in barba a tutte le leggi della fisica.
Un gioco che allora ci faceva molto ridere, in un certo senso era un prequel di
Scherzi a parte: il giocatore assumeva la stessa espressione di un
bracco quando non capisce qualcosa, e storce di lato il capo dalle lunghe orecchie
pendule. Adesso lo troverei forse meno interessante, se non ci fosse il secondo
ricordo.
1992. A guidare la Golf turbodiesel è Vitto, l'auto appartiene a suo padre. Stiamo
andando da qualche parte scivolata nell’oblio, ma la strada è
la statale 36; d'altronde altre strade qui non ci stanno. Appena fuori Sondrio si trova Poggiridenti, un
tempo si chiamava Pendolasco ma Mussolini lo trovava un nome poco virile,
e così fu sostituito in uno slancio di buonumore, per quanto i poggi siano il ripido versante retico. A Poggiridenti c’è un passaggio livello. Il passaggio
livello è chiuso. Dunque sta arrivando il treno, e fin qui tutto normale. Se
non che tra le due sbarre è presente una Ford Fiesta.
Io e Vitto ci guardiamo…
Boh, e proseguiamo. Ma dopo poco ci guardiamo nuovamente – forse è meglio
tornare indietro a vedere, che dici?
Sulla Fiesta verde pisello (mi sono sempre chiesto quale colpa debba espiare che acquista auto e abiti verdi) troviamo un
anziano completamente ubriaco: ha posato il capo sul volante che gli fa da
cuscino, e ora sta ronfando alla grossa. La situazione a quel punto ci è chiara,
resta solo da capire chi lo fa, mentre l'altro prova a risvegliare l'ubriaco e chiama i soccorsi. Ci penso io dico con tono solenne, e
mi avvio lungo i binari in direzione Tirano. Dallo sferragliare lontano ho intuito che il treno
proviene da lì.
Percorsi una cinquantina di metri sulle transenne di legno e la massicciata, spalanco braccia e gambe a
X, facendo ampi segni al conducente. Che cavolo, avrà pensato quello,
io sono il treno, spostati, e comincia a fischiare. Ma io insisto: no sei tu che ti devi fermare,
sono io, sei tu… un tira e molla che comincia a farsi rischioso – la motrice si trova ora alla distanza in cui il
cacciatore prende la mira per sparare alla lepre –, quando si sente un acuto stridore di freni, ricorda il
suono delle unghie della maestra Maccarone sulla lavagna. Il punto in cui si arresta è separato dal mio corpo pochi passi, la lepre è diventata un coniglio che fisso con occhi increduli.
Cazzo, ho fermato un
treno. Ho fermato un treno!
Ma torniamo al minigolf,
se ci pensiamo il gesto è il medesimo: esiste una direzione, possiamo anche
chiamarla destino, e due pistolini che, in due, non arrivano alla statura di Dino Meneghin, l'hanno invertito. Un destino di poco conto, d’accordo, con cinquecento lire ci
facevi venti buche, ma comunque un destino. Nel caso del treno il destino
sarebbe invece stato drammatico, il passaggio a livello si trova dopo un
rettifilo da cui era impossibile vedere la Fiesta, un botto certo che avrebbe offerto inchiostro ai giornali locali per almeno due settimane.
Potrei anche dirlo con
una punta di retorica: ho salvato una vita, per quanto la multa che, in
seguito, si è preso l’ubriaco, sarà stata talmente salata da impegnare i restanti anni per
ripagarla. Ma il punto è che non è vero, come cantava Francesco De Gregori, che
la differenza tra bufalo e locomotiva salta agli occhi: la locomotiva ha la
strada segnata, il bufalo può scartare di lato e cadere.
Macché, anche la
locomotiva può cadere, può fermarsi, e le palline da golf possono percorrere una
direzione inversa all’abbrivio iniziale. Nessun destino segnato dalle condizioni iniziali, per dirla pulita. Ma attenzione, il destino del
giocatore di mini golf non è in suo pieno possesso, almeno se ci sono due diavoletti nascosti a boicottarne i piani, e il destino del proprietario della Fiesta è
stato deciso da un angelo, che nella circostanza sono sempre io. Angelo e
diavolo allo stesso tempo.
Resta dunque da capire
chi siano gli angeli a fermare i treni in rotta di collisione con la mia vita –
di norma nemmeno ce ne accorgiamo, anche noi ronfiamo alla grossa – e i diavoli
a risputarmi puntualmente in faccia la pallina, io con la mia mazza da mini golf sempre più arrugginita, ma non demordo, la rimetto in posizione e cocciuto tiro e ritiro verso il cuore del castello.
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