Mi ricordo di quel cosino rosa, spuntava dal foro perfettamente circolare al centro di un lenzuolo verde che arrivava ben oltre l’ombelico e, più giù, si arrestava alle ginocchia, anch’esse rosa ma dall’epidermide spessa, specialmente sulla rotula. Una focalizzazione di stampo museale che aveva l’effetto opposto: non esaltava l’opera ma sembrava sminuirla, ridurre il gesto dell’artista a poca cosa. O magari era lo stato d’animo apprensivo, imbarazzo e timore si contendevano lo spazio psichico, riflettendosi su quello fisico. Sia quel che sia, mi sembrava ora piccolissimo: ma davvero ho un cazzo così piccolo?
Ero attraversato da questi pensieri mentre due infermiere, alle
spalle del medico che impugnava il bisturi, davano l’impressione di ridacchiare
– ecco, lo sapevo: ridacchiano del mio cazzo. Ma forse avevano delle cose buffe tra loro, e la mia era solamente paranoia... No no, ridono propio di me. Bastarde! D’altronde, nemmeno negli spogliatoi, quando al termine della partita si gira la manopola delle docce e compare il Badedas, ero quello con il cazzo più grande, c’era
sempre qualcuno che mi superava in volume e lunghezza. Meglio non fare nomi per non umiliare gli altri.
I dubbi cominciarono però a venirmi molto prima. Nel masturbaci in soffitta, ognuno per suo conto guardando le copertine dell’Espresso, fui per la prima volta messo di fronte al principio di realtà: il mio amico D. aveva il cazzo più grande di me; non di tanto, ma insomma vinceva lui. L’avevamo scoperto a operazione conclusa, quando ci confrontammo per vedere se quella uscita era già sburra, oppure un’acquetta ancora da bambini. Frequentavamo la prima media e Amanda Lear teneva banco con Tomorrow; qualche mala lingua sosteneva che anche lei avesse il cazzo, o perlomeno l'avesse avuto.
Molti anni dopo venne una fidanzata, me lo disse senza girarci attorno: Lo so cosa vorresti sentirti dire, ma non sarebbe vero. Uno dei miei ex ce l’aveva più grande di te. Io finsi di essere un po’ contrito, ma in realtà non stavo nella pelle dalla contentezza: aveva detto uno, non tutti! Qualcosa di simile avvenne con una prostituta nigeriana. Tu cazzo grande mi disse, dopo esserselo rigirato per bene tra i candidi palmi delle mani, come se fosse il giudizio professionale che, in effetti, era. Ma no grande… tutt’al più normale mi schermii io. Ho detto grande tagliò corto lei, e poi se lo mise in bocca senza consentirmi di replicare. E grande sia.
Così provai ad acquistare preservativi di taglia XL,
ma mi stavano un po’ larghi e tornai a quelli normali. Normale, un aggettivo che
ritorna continuamente nella mia vita, la pianura si impone sulle vette,
il mare viene navigato per traiettorie orizzontali, manca lo scarto verticale
del gabbiano dopo avere afferrato il pesce, uno degli innumerevoli sinonimi con cui viene nominato
il cazzo. Gli altri sono minchia, banana, verga, pisello, fava, pirla, mazza, belin... E si potrebbe continuare quasi a oltranza.
Eppure, dal lettino su cui mi trovavo disteso, di quella normalità avrei voluto fare bandiera, e sbatterla in faccia alle infermiere che continuavano a ridacchiare. Ma eravamo a una fase delicata dell’intervento e tenni chiuso il becco. Il medico intanto continuava a incidere, una per una, le maglie della cerniera lampo dei miei jeans, che aveva incorporato la pellicina del prepuzio. Nel calzarli al risveglio mi ero fatto prendere dalla fretta. Per mezz’ora avevo provato a cavarmi di impiccio solo, ma quando il rapporto tra dolore e vergogna era precipitato verso il primo termine, ero corso a chiedere aiuto a una vicina di casa, che mi aveva accompagnato al pronto soccorso per mezzo della sua R4 color caffelatte. Con un impermeabile della stessa tinta dell'auto cercavo di camuffare la situazione.
Ecco, tutto a posto disse il medico dopo avere liberato gli ultimi dentini conficcati nella carne, e quale ciliegina sulla torta aggiunse una spennellata di mercurio
cromo – oltre a essere minuscolo, ora era anche fucsia. E mi raccomando, faccia
attenzione la prossima volta che si infila i blue jeans. Sì sì, certo dottore, grazie.
Posso rivestirmi adesso? Che poi era l’unica a cosa a importarmi davvero. In ogni caso,
da quel giorno, indosso sempre e solo Levi’s 501. Invece della cerniera, sulla patta sono presenti cinque bottoni di ottone argentato.
Ma secondo i parametri SEO questo titolo moltiplica la visibilità?!
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