"La pura letteratura", afferma Antonio Franchini, "è scomparsa dalle classifiche dei libri venduti." A molti queste parole hanno fatto storcere il naso, trovandole in contrasto con il suo storico ruolo di editor. Eppure non diremmo lo stesso dell'elefante che, producendo ogni giorno svariati chili di merda, si rifiutasse di mangiarla, pretendendo un piatto di insalatina come dio comanda. Il lavoro è lavoro, dopotutto.
Più interessante sarebbe riflettere sulle ragioni per cui le mosche della merda siano invece ghiotte – ed è ugualmente noto che le mosche sopravanzino, in numero se non in stazza, gli elefanti. Per scoprire quanto Franchini abbia colto nel segno basta valutare la propria esperienza sui social: ci sforziamo, e magari anche riusciamo, nello scrivere qualcosa di complesso, intelligente, che vada a fondo delle cose; ma sono le volte in cui riceviamo una misera manciata di like, come l'elemosina al mendicante.
Se però pubblichiamo una foto della cucciolata appena nata al Labrador di famiglia, oppure l'immagine dell'ultima celebrità che ci ha lasciato le penne, o ancora una sciocchezzuola, la battuta bislacca pronunciata da un tizio per strada, meglio ancora se a esprimersi è un figlio in età prescolare, insomma un niente di parole ma tanto tenero o, in alternativa, buffo, facciamo il pieno di consensi.
Non è che tutti si siano rincoglioniti all'improvviso (per quanto il sospetto ogni tanto viene…), noi per primi non abbiamo voglia di fare sforzi nella lettura di un display, figurarsi nella comprensione del mondo. La svelta leggerezza gratifica, i sentimenti fanno sentire migliori. E se ci comportiamo così su Facebook – così indolentemente umani, nessun indice accusatorio, anche verso chi cerca di rimediare postando la copertina di un romanzo Adelphi – perché nel dischiudere la porta vetrata di una libreria si dovrebbe avere una disposizione diversa?
La merda è merda, ovunque si trovi richiama mosche in quantità, e come recita un celebre adagio avranno pure le loro buone ragioni. Quanto agli elefanti, che pensassero ai dinosauri: già gli è andata di culo nel non essersi ancora estinti.
Illuminante questa tua riflessione. Grazie davvero! Se ci pensi bene – caro Guido - la libreria è uno dei pochi esercizi commerciali, se non l’unico, che non espone in vetrina il meglio che ha in deposito, ma solo le ultime novità del mercato editoriale che spesso rappresentano il peggio della produzione letteraria. I volti noti della televisione hanno sempre un posto di riguardo, con la loro “merda d’autore”, su cui si posano nugoli di mosche fameliche. Per carità, ognuno legge quello che vuole e, poi, gli editori devono vendere. E non dico che vorrei vedere in vetrina la Recherche di Proust o la Divina Commedia di Dante, però incrociare ogni volta l’ultimo libro del famoso di turno - lo confesso - mi provoca fastidio e sconforto.
RispondiEliminaDiceva Raffaele La Capria che oggi c’è la falsa buona letteratura, ossia una produzione letteraria artificiosa, quasi costruita a tavolino per sollecitare certe morbosità o per soddisfare la moda del momento, che dura il tempo di uno spot pubblicitario e poi muore. Senza lasciare traccia e memoria, in linea con i ritmi frenetici e scellerati dei tempi che viviamo, in una perenne rincorsa alle novità. Ti saluto
"La falsa buona letteratura" di cui parlvava La Capria, ricorda la nozione di cialtronesco così come intesa da Tommaso Labranca: adesione semplificata a modelli alti. A sua volta richiama la nozione di kitsch, o quella di midcult elaborata da Dwight Macdonald. Insomma, possiamo rigirare frittate e parole quanto vogliamo , ma ci ritroviamo sempre a un'incontestabile evidenza: la merda à più appetitosa dell'insalata.
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