Che un gioco è solo un gioco i bambini lo sanno da sempre, e per
sospenderlo dispongono di una parolina magica. Alimo. Poi si potrà riprendere,
ma con calma, intanto andiamo a vedere cosa vuole la mamma, ha chiamato con uno strillo dal terrazzo facendo vibrare i gerani.
Prima di riprendere ad azzuffarci sull’eredità
politica di Berlusconi – ma lo sappiamo, vero, che anche il nostro è solamente
un gioco, la vita altrove? – pronuncio il mio alimo. Fermi tutti! Facciamo un
passo indietro, nella vischiosità del reale. Il luogo in cui vanno collocate le
due domande che maggiormente circolano in queste ore: funerali di stato, lutto
nazionale?
Nel primo caso mi sembra che la risposta stia nei
fatti. Se muore uno zio un poco scapestrato si va comunque al funerale:
era parte della famiglia, e che cavolo, magari le sue mattane ci divertivano
pure. Ciao zio facciamo scrivere sul manifesto funebre, ti ricordano i nipoti e
i cugini di Sondrio.
Berlusconi era tutt'altro che scapestrato, ma
nonostante la sua divisività politica (e morale) ha rappresentato per quattro
volte lo Stato italiano in qualità di Presidente del Consiglio, e in ciascuna
circostanza sostenuto da un robusto consenso democratico. Dunque i funerali di
Stato mi appaiono un credito simbolico che gli spetta, se l’è guadagnato sulla base
di valutazioni oggettive.
Il lutto nazionale mi lascia invece perplesso.
Intanto, il concetto di Nazione è ambiguo: una rappresentazione più che un
dispositivo operante, strutturato come lo Stato. Ma una rappresentazione di che
tipo? Speculare, ossia la Nazione è lo specchio (se non assoluto perlomeno
statistico) di chi la compone, oppure è una proiezione idealizzata, un tendere
a? Ad esempio, tendere verso un’idea di bene comune e di virtù.
Se la risposta a questa seconda domanda che, per
l'appunto, non possiedo, stesse nella Nazione a riflesso del Paese reale, il
lutto nazionale per la morte di Berlusconi mi sembra ugualmente legittimo. E
ciò malgrado siano stati in molti a rifiutare l'ombra trapuntata da capelli posticci nello stagno,
evitando di precipitare all'interno come Narciso.
Il Paese, infatti, si dice, è un corpo unico, e si
deve pure ammettere che dopo Alberto Sordi c'è stato un altro arci italiano,
una maschera aggiornata della commedia dell’arte. Si chiamava Silvio Berlusconi.
In questa sua congruenza alle viscere popolari, bene e virtù, era inevitabile,
sono stati sostituiti da caratteri di altro tipo. Prima ancora che da un
sentire soggettivo e di conseguenza discrezionale, vengono indicati dai
numerosi processi di cui è stato imputato.
Non sempre, certo, anche per via di cavilli legali e
leggi come si ripete ad personam, le accuse sono state convertite in
condanna. Perlopiù le imputazioni si sono sgonfiate, e non possiamo escludere
l’argomento dell’accanimento giudiziario. Basterebbe però un solo reato
accertato, se ci spostiamo ora all'ipotesi della Nazione come rappresentazione ideale, una sola ombra, per dissuadere dai funerali di Stato. E qui di ombre
ce sono davvero tante...
Ma l'incerta pendola del giudizio ci riporta al caso precedente, la Nazione
specchio. Quale migliore occasione per riaffermare non che la vita continua,
quello era il modo di ragionare dei nostri nonni, aggiornato nella formula
anglofona the show must go on. Giriamo quindi la pellicola in senso
inverso: dall'arzillo vecchietto che carezza amorevolmente Dudù, via via fino
all’imprenditore spregiudicato e gagliardo, l’amico di Craxi, il datore di
lavoro di Mangano, e vediamo quel che appare.
Qualcosa si muove, un bruco... no, ecco, l'immagine si precisa: è un trenino. Chi se ne frega del genere
sessuale e l'età dei convogli umani, se minorenni, non minorenni, parenti di
Mubarak o commercianti di sogni. Le figure sono sfumate, come nel finale della
Dolce vita di Fellini. Non le giudichiamo. Le guardiamo, solamente. Ci
guardiamo per chi ha la vista più acuta. Stanno sfilando sulla spiaggia in
un’alba opaca, è facile confonderla col tramonto. E nelle orecchie un
ritornello: Olelè, olalà, faccela vede’, faccela tocca’...
Diceva il compianto Freak Antoni che quando si tocca
il fondo, quello è il momento di cominciare a scavare.
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