Se
vogliamo insistere con la metafora della guerra, forse dovremo imparare a gestire
anche l'attribuzione delle medaglie. Leggo ad esempio il titolo di un
articolo de la Repubblica di oggi: "Il prezzo della pandemia lo
pagheranno i ragazzini", a firma di Caterina Pasolini.
Lo so che i titoli dei giornali non li scrivono i giornalisti; con
un nome tanto bello e un cognome che è pura forza dal passato, la Pasolini non
avrebbe mai potuto scrivere una sciocchezza del genere. A parte l’orrendo
suffisso in “ini” (ragazzini) come la
molletta sulla coda di un gatto, questa è l’unica epidemia nella storia – dico:
l’UNICA! – dove non si registrano decessi tra i minorenni, al massimo e in rari
casi poche lineette di febbre.
Una delle tante e cosiddette post verità, che si accompagna alla geremiade
per il presunto trauma giovanile causato da un eccesso d’intimità – si dice – con
divano, Netflix e PlayStation. Per smascherarne la retorica basterebbe guardare
gli spot del Governo tedesco, il quale dà inaspettata prova di un’ironia vagamente
British – flashforward tra cinquant’anni, con un ex giovane che ci confessa
ridacchiando: “Nel 2020 mi hanno chiesto di non fare nulla, e poi sono stato
pure chiamato eroe…”
Per la forza evocativa che scaturisce dai contrasti, tornano alla
mente le pagine del diario di Anne Frank. Quanta leggerezza, curiosità, perfino
eros e pettegolezzo nello sguardo di una preadolescente confinata in una
soffitta di Amsterdam, mentre le SS la stavano cercando. E
quello era un trauma vero, non le piccole rinunce del presente che vengono
gonfiate da un’enfasi protettiva.
Che i ragazzi ma soprattutto i genitori, gli adulti, insomma il
cicaleccio da social network a cui come si può vedere non mi sottraggo, imparino
a desiderare come faceva lei, Anne. Un desiderio – a differenza ancora di lei,
a cui fu negata la realizzazione – da proiettare oltre l’angusto perimetro
della quotidianità, quando dopo il terzo giorno i corpi usciranno dai sepolcri
condominiali, e il fiammifero della vita tornerà ad accendersi per reciproco
sfregamento. Certo, prima della scintilla bisognerà fare almeno tre o quattro
tentativi, mica funziona sempre al primo colpo come Jean Gabin con una Gitanes
che gli pende dal labbro.
Chiedo infine alla redazione de la Repubblica, per il futuro, di
prestare maggiore attenzione quando appuntano le loro medaglie al valore. Che
in questo caso vanno immediatamente spostate sul bavero di medici, infermieri,
forze dell’ordine; senza dimenticare ladruncoli e accattoni e soprattutto
quegli anziani che stanno stramazzando nella RSA, oppure sono attaccati a un
tubo senza poter vedere i loro famigliari; particolare non sempre negativo,
quando sono gli stessi nostri connazionali ad averli rimossi dallo sguardo, per
confinarli in un ospizio.
Ma nelle guerre ci sono anche i generali, a cui in seguito vengono
titolate le vie. Spero solo di non imbattermi un giorno in viale Conte o corso
Azzolina: l’unica generalessa a voler salvare i suoi giovani militi da un
pericolo che non corrono, per trasferirlo a tutti noi.
Nessun commento:
Posta un commento