È meglio morire di fame
o di coronavirus? Lo si sente dire accendendo il televisore, lo si legge sui
social network, al bar e dai parrucchieri no ma unicamente perché sono chiusi,
altrimenti si pronuncerebbe anche lì, al punto che molti hanno finito per
credervi e ripeterlo a loro volta, scordando che è solo una metafora.
Recita il vocabolario
Treccani alla voce metafora: "Processo linguistico espressivo, e figura
della retorica tradizionale, basato su una similitudine sottintesa, ossia su un
rapporto analogico, per cui un vocabolo o una locuzione sono usati per
esprimere un concetto diverso da quello che normalmente esprimono."
Il concetto diverso da
quello normalmente espresso, in questo caso corrisponde a non cambiare
l'automobile a gennaio, rinunciare a un maglioncino Fred Perry tanto grazioso,
per gli occhiali da sole Persol se ne riparla l'anno prossimo, basta anche agli
happy hour con le ostriche ancora vive e pulsanti, o i ristorantini da
cinquanta, quaranta, diventano troppi anche trenta euro a testa, al massimo una
pizzetta ma senza prosciutto e funghi e doppia mozzarella, una Margherita e
via.
Morire sta insomma per
passarsela male, dovendo ridurre, anche di molto, il tenore di vita che segue a
una lunga euforia delle aspettative; aspettative la cui data di nascita o ancora meglio il concepimento (prima ne mancava l’idea astratta, lo slancio emotivo) possiamo
collocare nel secondo decennio del dopoguerra, il cosiddetto boom economico. Da
allora in Italia di fame non muore più nessuno, né è un rischio che corriamo
adesso, con o senza lockdown, cacciamocelo bene in testa!
Di coronavirus al
contrario si muore, si muore in senso tutt'altro che metaforico, si muore e
basta. Inoltre, la stessa domanda contiene un altro elemento della retorica
antica, che proprio per tale ragione viene chiamata domanda retorica, in cui a
ciò che viene chiesto già si offre una risposta, per quanto implicita è del
tutto evidente. Nella circostanza, torniamo a lavorare, vada come vada, cosa
vuoi che siano quattro vecchi che ci lasciano le penne, alzare le chiappe e
produrre!
Bisogna dunque stare
molto attenti quando si fanno delle comparazioni tra piani diversi del
significare – uno metaforico e l'altro letterale –, specie se non si ha troppa
confidenza con la logica discorsiva, e con le figure della retorica che ne sono
l'alfabeto. Anche perché se lo vai a chiedere a Bergamo, meglio morire di fame
o di coronavirus, minimo ti becchi un mattone in testa. E ti va di culo che è
anche questa solo una metafora...
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