Mi ricordo di
lui perché prendeva sempre due cose, due cose di tutto. Aveva iniziato con i libri: il
primo lo leggeva e l’altro lo riponeva nella libreria, meglio se ancora chiuso dentro al cellophane, accorpando i volumi sulla base di criteri estetici più
che funzionali al recupero. Se non sbaglio si trattava del colore della
copertina, cosa che faceva somigliare gli scaffali alle sciarpe realizzate unendo
gli scampoli di lana. Era poi passato ai profumi, ai vestiti – gli abiti che
non indossava mantenevano ovviamente l’etichetta – e infine, quando era
aumentata la sua disponibilità economica, anche alle auto e alle fidanzate: con
una faceva l’amore e l’altra la portava in giro in automobile; quella che non
era chiusa in garage con i sedili ricoperti, così da preservali dalla polvere e
dalla corruzione del tempo. Invecchiando iniziò però ad accettare l’idea della
transitorietà, per quanto, nel dubbio e con ampio anticipo,
preferì acquistare due bare.

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