venerdì 11 luglio 2025

Wanda, un'iniziazione mancata (mi ricordo 35)

Mi ricordo la sensazione dell'aria quasi fresca dei primi giorni di settembre. Entrava dai finestrini completamente aperti della BMW 318 bianca – allora è vero che Topolone possedeva una BMW, non era una delle sue solite sparate –, ma prima di raggiungerci faceva dei piccoli mulinelli, si mescolava alla voce di Baglioni che fuoriusciva dalle casse incastonate nelle portiere, e solo alla fine sbatteva sulle facce abbronzate, molto abbronzate.

D'altronde avevamo passato più di tre mesi sulla spiaggia di Lacona: lui, Stefano, detto Topolone, come insegnante di wind surf, io come aiuto bagnino; per essere onesti, il mio ruolo si limitava ad affittare i pedalò e a pulire con una spugna i piattelli degli ombrelloni. Va da sé che le ragazze più belle fossero tutte per Topolone (a ogni nuova conquista veniva a raccontarci di avere guzzato con una topolona, da qui il soprannome), anche se devo dire che io ero nettamente più carino. Ma, oltre allo status inferiore, avevo una brutta grana: ero ancora vergine.

"Sei ancora vergine... Dio bon, chè a gh'è da fèr!" aveva sbottato Topolone quando glielo avevo confessato, per quanto a sedici anni a me non sembrava tanto strano. I miei amici, almeno, erano nella mia stessa condizione, tranne uno che si era messo con una ragazza più grande; avevano affittato una cantina, per  arredarla era bastato un materasso a terra su cui facevano le cose. Noi ci arrangiavamo con i giornaletti di Ilona Staller.

Tutti argomenti che Topolone non voleva nemmeno stare a sentire, chè a gh'è da fèr continuava a ripetere, chè a gh'è da fèr. Quindi aveva concluso con tono perentorio: "A-gh pèins mé."

Ma facciamo un passo indietro. Avevamo lasciato l'Isola d'Elba la mattina con un traghetto della Navarma, il viaggio in autostrada a bordo della Cinquecento color pomodoro di Topolone; il tettuccio era rotto e quando, a Barberino del Mugello, ha cominciato a piovischiare, dovevo tenerlo chiuso con una mano. La BMW l’aveva lasciata a Cento, dove viveva assieme ai genitori. Il programma prevedeva che avrei dormito a casa loro e la mattina successiva sarei ripartito in treno verso Sondrio, con una breve digressione milanese per il concerto della PFM.

L’estate appena trascorsa verrà ricordata per le prodezze di Paolo Rossi, ma, nella stessa squadra che allo stadio Bernabéu vinse il campionato mondiale di calcio, c’era anche un giocatore diciottenne con dei grandi baffi neri, forse per l’aspetto precocemente adulto veniva chiamato Zio. Topolone era l’esatto opposto di quel giocatore, eterno nipote in tutto aveva l'espressione di Gatto Silvestro nell'avvicinarsi alla gabbietta di Titti. Chè a gh'è da fèr, e terminati i tortellini preparati dalla madre eravamo montati sulla BMW alla volta di Bologna.

Ma perché proprio Bologna?

Fu la prima cosa che gli chiesi. La risposta non mi fu del tutto chiara, con il dialetto emiliano vado un po' a intuito, e tra le cose intuite la presenza di una di quelle anziane prostitute definite nave scuola, batteva per strada nella periferia di Bologna. “Tótt ché a-gh sàn pasè” aveva aggiunto Topolone con un mezzo ghigno, come se già pregustasse il piumaggio biondo di Titti.

Ma perché proprio lei? lo incalzavo. In fondo stiamo parlando del lavoro più vecchio del mondo, oltre che tra i più diffusi. Un po' riluttante, voleva farmi una sorpresa, mi rivelò così la ragione della sua fama, per cui arrivavano fin dal Veneto. Dopo essere salita in auto, Wanda, non ricordo il nome ma chiamiamola a questo modo, Wanda si toglieva la dentiera e la poggiava sul cruscotto. Reso il cavo orale più accogliente e meno minaccioso, lo utilizzava per fare ciò che si fa in queste circostanze.

Non so se fosse compresa anche la presenza di Topolone quale pubblico, ero già talmente spaventato che non ho osato chiedere, ma è improbabile che avrebbe ceduto l'auto a un sedicenne, perdipiù vergine. Senza aggiungere altro cominciammo a cercare Wanda.

Per quasi due ore girammo per i luoghi che lui conosceva bene. Rotonde, slarghi, cavalcavia di cemento armato, nei viali semideserti gatti randagi facevano shopping tra i bidoni dell'immondizia, mentre cani a guardia dei magazzini abbaiavano in lontananza. Le insegne illuminate dei distributori di benzina sembravano uscite da un dipinto di Edward Hopper. Di tanto in tanto qualche nero (a Sondrio erano ancora una rarità) traversava la strada dinoccolato, e sparuti gruppi di ragazzi si saldavano attorno a un grumo pulsante di nulla, o forse stavano solo smazzando il fumo. Ma di Wanda nessuna traccia.

Iniziava a farsi sentire la stanchezza del viaggio dall’Isola d’Elba, io avevo il braccio anchilosato per via del tettuccio. Ci fermammo a un chiosco e ordinammo due piadine e tre lattine di Peroni. Perché tre? “Sà mo mai ch'a la catén la fémma”, aveva risposto Topolone non ancora rassegnato. "Vôt brîsa dèrgh da bèver?" Ma poi eravamo montati sulla BMW e tornati a Cento. Avrai, avrai, avrai, le parole di Baglioni suonavano ora come una burla.

Ogni tanto mi capita ancora di pensarci, tipo quei film in cui vengono messi in scena dei futuri ipotetici. Intendo: nel cono di luce di un lampione, ecco, all'improvviso compare Wanda. È proprio come me l’ero immaginata, non troppo alta, rotondetta, seno tra il grande e l’enorme. Nei capelli vaporosi tinti di rosso si intravede la ricrescita bianca, il ginocchio destro è sbucciato come accade ai bambini quando cascano dalla bicicletta. Fingiamo di non accorgerci di niente e la facciamo montare sui sedili posteriori, dove la raggiungo.

Non servono tanti convenevoli, sa benissimo perché Topolone le ha portato il suo giovane amico, e così si leva in slow motion la dentiera e mi sorride dischiudendo un cratere di mucose. Poi però sembra indugiare, deve avere intuito il mio terrore. “Dâi, putlèn” mi sussurra all'orecchio, “làset andèr…” quasi quasi le do retta. Ma con uno scatto inatteso cala in picchiata, e come una lumaca mi ritiro nel guscio, la natura reagisce al pericolo sempre nello stesso modo: fuga o attacco. Nelle condizioni attuali non passerei il casting per uno di quei giornaletti con Ilona Staller, non ho nemmeno la scusa che fa freddo.

Mi scuoto dalla fantasticheria, ma non so se rallegrarmi oppure essere dispiaciuto per il diverso corso delle cose; la prima vera volta è stata con una ragazza di cui ero innamorato perso, non con una prostituta sdentata di quaranta, facciamo pure cinquanta anni più vecchia di me. Il mulino bianco ha trionfato.

Da dove allora questo sentimento di malinconia? È come se un dio dispettoso avesse infranto il neon del lampione di Wanda, un colpo di fionda ben assestato a cui è seguito il buio, l'ombra ha risucchiato un pezzo di mondo che è rimasto potenziale. Non importa se sarebbe stata festa o, è più verosimile, squallore. Era la mia vita, che cavolo! E per averla indietro la posso solo raccontare.

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