venerdì 29 novembre 2024

Mi ricordo 26

 


Mi ricordo mio nonno Pinin che dice con tono perentorio: “Non guardate la fiamma del saldatore!” In testa ha un cappelletto marrone di velluto a coste, con una mano tiene stretta la mano di mio cugino Paolo e con l’altra la mia; siamo fermi a osservare un cantiere stradale. Insieme a noi ci sono altri nonni con i nipoti in età prescolare, pensionati, il geometra lo si riconosce dal fatto che non indossa la tuta blu e porta i Ray-Ban con le lenti verdi a goccia. Nel minimo pubblico c’è anche uno scemo. Grida suggerimenti, interviene mentre viene rimosso il chiusino di ghisa di un tombino, non si capisce bene questa volta cosa voglia; in ogni caso, nessuno gli avrebbe dato retta. “Non guardate la fiamma del saldatore” ripete il nonno.” Si chiama fiamma ossidrica” dice mio cugino Paolo, che ha un anno più di me e già conosce le parole difficili. “Chiamatela come volete, ma non guardatela! Se no diventate ciechi.” E nell’udire quel termine giriamo immediatamente la testa dall’altra parte; non la stessa parte però: io guardo lo scemo e mio cugino una carriola colma di malta. Da quel giorno, ogni volta che incrocio qualcuno saldare – non lo riconosco dalla fiamma, naturalmente, ho imparato fin troppo bene la lezione, ma dalla maschera che impugna e lo rende simile alla Morte Nera in Guerre Stellari – distolgo immediatamente lo sguardo e istintivamente cerco la presenza di uno scemo; in genere lo trovo sempre, ce ne sono tanti in giro. A quel punto rimango imbambolato a fissarlo, c’è qualcosa nella sua scemenza che mi cattura, forse lo associo al pericolo scampato per i miei occhi, o magari fa da riflesso a una parte di me brutta per gli altri, ma a me piace come il bambino che si inorgoglisce nell’osservare la propria cacca. Resta da capire se anche mio cugino Paolo ancora si incanta di fronte alle carriole colme di malta.

Nessun commento:

Posta un commento