Seguendo la recente
intervista televisiva ad Alessandro Baricco ho pensato: Pinocchio. Non che
Baricco racconti balle, o le raccontasse, ma in tutto ciò che fa ho sempre
avvertito un elemento artificioso; per paradosso, nel suo caso mette in scena
un più di naturalità. Con grande consapevolezza dei propri mezzi espressivi lui
la chiama narrazione – la narrazione unita ai fatti va a comporre la realtà,
non esiste realtà senza narrazione ci ricorda nell’intervista. E ha ragione. Ma
i fatti, quando narrati in quel modo lì, tutto suo, contengono appunto un
retrogusto un po’ pinocchiesco. Se il modo di parlare, meglio, di narrare di
Baricco non è mutato, ora però si avverte un altro elemento proprio della
narrativa chiamato “arco di trasformazione del personaggio”. Quale probabile
conseguenza della malattia – è lui a confessarlo senza apparente imbarazzo – il
burattino è infatti diventato un uomo di mezza età, il naso ha smesso di
crescere. E quanto è più bello ora, anche se sotto il cappello a bombetta
indossato nello studio televisivo di Fazio probabilmente non ci stanno più i
folti boccoli castani, al posto della camicia bianca arrotolata ai gomiti dei
guantini da pilota che lasciano le dita scoperte, a ripararlo dalla fragilità
della nuova condizione. Se dunque Abel fosse pure il suo romanzo più bello, come in
molti, tra cui lui stesso, lasciano intendere, il capolavoro realizzato da
Baricco va ricercato altrove. L'opera maggiore di un essere umano, suggeriva
Jung, sta nella propria vita. E qui Baricco ha davvero fatto centro, e quasi
commovente è stato assistere al suo disarmato e finalmente sincero ecce homo.
mercoledì 31 gennaio 2024
Pinocchio
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non ho visto l'intervista di cui parli con la tua sempre amabile "chiacchiera", per cui non entro nel merito. Intervengo solo per dire che a mio parere Abel è quanto mai deludente, ovvio, scontato nella sua pretesa di originalità. Uno dei pochi romanzi di Baricco che mi abbia deluso.
RispondiEliminamassimolegnani