martedì 2 aprile 2024

Storia del pianto

 

Ho un’immagine che mi accompagna da quarant'anni, per la precisione dai primi mesi del 1983; poteva essere gennaio o più verosimilmente febbraio, Vasco Rossi aveva appena cantato Vita spericolata al Festival di San Remo, classificandosi al penultimo posto davanti a Cieli Azzurri di Pupo.

Piastrelle di graniglia in ampi corridoi dalle volte a botte scrostate, ovunque alle pareti il ritratto del Papa buono, Angelo Giuseppe Roncalli ha studiato qui: nel religioso collegio convitto di Celana. Ridestati dal fischietto di Don Gino, alle 7 in punto, si levano sincronici i giovani corpi – tutti in erezione. Difficile fare la pipì in questo stato, ma non c'è tempo per lasciare defluire il sangue che ha galoppato nei sogni notturni, ci si arrangia arretrando di un passo e prendendo bene la mira. In bagno, la mattina, si va solo per fare il tiro al bersaglio, lavarsi tocca aspettare mercoledì. Gli altri giorni basta un po' di acqua fresca sulla faccia.

Dopo avere recitato la preghiera o averla solo simulata – per non ricevere la punizione bisogna ricordarsi di muovere le labbra, come quegli attori di bell'aspetto e poco talento per cui ci si affida al doppiaggio – il refettorio diventa la successiva stazione di transito, la colazione è composta da biscotti accompagnati da tè oppure caffelatte. Ma a Natale anche panettone e pandoro e colomba a Pasqua.

In attesa del permesso di Don Gino, ogni gesto è sovrainteso dal suo fischietto, i corpi svuotati dall'urina e riempiti di ave Maria e Padre nostro si ammassano di fronte alla porta di ingresso; se uno ha fatto il servizio militare, non cambia molto. Solamente l’età che va dai dodici ai quindici anni: il triennio delle medie più i primi due anni delle superiori. Vengono chiamati in gergo i piccoli e non devono avere nessun rapporto con i grandi.

Io sto tra i piccoli, poco importa che di anni ne abbia già sedici, uno l’ho perso, sono stato bocciato senza neppure una sufficienza. Cosa abbastanza scontata quando vai a giocare a bigliardo invece che a scuola, e per raddrizzare le piante cresciute storte non c’è niente di meglio di un anno in collegio. Guarda il Papa buono!

Tra i piccoli veri c’è un tredicenne di norma ciarliero, a volte sembra un po’ scemo e altre più sveglio dei coetanei che mette sempre nel sacco... mah. Comunque è simpatico. Oggi è stranamente taciturno, tiene la testa bassa, le mani nelle tasche di una giacca a vento bianca e rossa. Deve averla ereditata da un fratello maggiore, gli sta decisamente grande.

D’altronde il luogo è freddo, non ci sono porte o pareti a separare il quasi dentro dal fuori (l’edificio è stato costruito nel 1579); nella stagione invernale non è raro che si insinuino bave di nebbia fluttuanti, o più facilmente si tratta di nuvole. Quando nevica entrano i passeri per ripararsi e poi Don Gino deve disfare i nidi intrecciati nella sala dei calciobalilla.

Ma ecco che il ragazzino mezzo scemo, mezzo intelligente, scoppia a piangere. Sono singhiozzi fragorosi e senza apparente motivo. Cosa c’è? gli chiedo sorpreso, siamo casualmente vicini nella coda che conduce al termos con il caffè, il latte lo si aggiunge dopo.

Con un gesto della mano mi indica la gola, probabilmente si tratta di una infiammazione alle corde vocali, non riesce a parlare, può solo piangere ed è quello che fa. Una disperazione che mi è rimasta impressa, al punto da convertirla in metafora universale. Forse, dietro al singolo episodio, si cela una strategia evolutiva: ciò che non si può dire o lo si canta o lo si piange.

Il pianto rappresenta l’altra faccia del melodramma, quella più dolente, ma la moneta è la stessa. Una moneta incapace di entrare nel salvadanaio del linguaggio, per quanto si prema viene rigettata. Perciò, da qualche anno, piango spesso anch’io. Sono alla guida dall'auto e piango, cammino in un bosco e piango. Di fronte agli altri mi trattengo per pudore. Non so cantare una vita spericolata, una vita esagerata, una vita alla Steve McQueen... E così piango, una vita a caso.

3 commenti:

  1. Io mi impressiono sempre più facilmente.. una cosa che mi intenerisce è quando leggo a mia moglie un passo di qualche libro che mi ha colpito particolarmente e mi commuovo da solo.. e lei mi abbraccia.. sarà la vecchiaia.. ;)

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  2. Io ho non ho moglie o fidanzata, e ho anche smesso di leggere. Così mi arrangio da solo: sono pianti on the road...

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  3. coinvolgente questo brano ben narrato che ondeggia tra ricordi e riflessioni in spiccioli che forse non entrano nel salvadanaio della filosofia (non ho resistito alla tentazione di "ricalcarti") ma certo contengono piccole amare verità.
    massimolegnani

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