Si sta discutendo molto dell'ultimo romanzo di Chiara Valerio, candidato al Premio Strega. Ne rilancia polemicamente il motivo – le baruffe letterarie somigliano al refrain delle canzoni di Sanremo – Gian Paolo Serino con una stroncatura pubblicata su Avvenire. Premetto che io non ho letto entrambi, romanzo e stroncatura, ma, da quel che ho inteso, il giudizio negativo sarebbe motivato dalle scelte linguistiche: quando si trova al crocevia tra due (apparenti) sinonimi, Valerio imbocca sempre la via più ricercata e dotta.
Serino porta a esempio la locuzione ordunque,
che la scrittrice utilizza e avrebbe potuto sostituire, egli sostiene, con
quindi (ma anche con ora, bene, a ogni buon conto etc.). Un argomento che mi ha
ricordato una simile contrapposizione tra Giuseppe Pontiggia e Giovanni
Mariotti, credo fossero i primi anni Ottanta, il luogo le pagine del Corriere
della Sera.
Pontiggia aveva appena scritto un articolo in cui
confidava di avere stralciato dal proprio vocabolario attivo il verbo recare,
da sostituire, sempre e comunque, con il più colloquiale andare, cosa che
suggeriva a chiunque avesse una qualche ambizione letteraria. Mariotti inviò
una lettera al giornale chiedendo: "Pontiggia, ma perché Lei vuole negarmi
il piacere di recarmi in libreria ad acquistare i suoi romanzi?"
Se ne deduce da subito il tono lieve, molto lontano
dal livore polemico attuale, ma la cortesia degli interlocutori non ne mutò le
posizioni. Pontiggia infatti a sua volta rispose, riaffermando che in libreria
poteva più tranquillamente andarci, avrebbe fatto lo stesso all'uscita dei
libri di Mariotti. A distanza di tempo però cambiò idea, e in una trasmissione
radiofonica da lui condotta su Rai3, Dentro la sera, i cui contenuti
confluirono nel saggio edito da Belville nel 2016 con uguale titolo, riconobbe
al rivale qualche ragione.
Se l'insegnante viene convocata dal preside, utilizza come esempio, è ragionevole che la donna si rechi nell'ufficio del dirigente
scolastico, l'azione possiede un elemento di austerità formale meglio reso da
questo verbo. Fermo restando che se Pierino invita Pierina a fare una
passeggiata in un campo di margherite, a quel luogo andranno, magari tenendosi
per mano, non si recheranno.
La precisazione riporta alla mente – mente fervida e
accogliente di Pontiggia, è lui a continuare nel ragionamento – una frase di
Jules Renard, il quale sosteneva che "non esistono sinonimi, esiste solo
una parola. E il bravo scrittore la conosce."
Rimane dunque da capire se il contesto narrativo in cui
Chiara Valerio fa calare il suo ordunque sia più simile al tragitto
dell'insegnante, che conduce alla presidenza tra studenti che vanno in bagno a
fare pipì, non si recano e tantomeno incedono, al limite ciabattano Adidas
enormi sul linoleum dei corridoi, o al sentiero imboccato da Pierino e Pierina
per raggiungere la loro meta. Dubbio a cui si aggiunge il piacere del lettore, chissà se ha voglia di seguire la scrittrice nel suo recarsi in luoghi linguistici sontuosi
e vagamente altisonanti... disertando i campi di margherite.
molto stimolante l'affermazione di Renard, è un po' estremizzata ma centra il punto: la parola giusta al posto giusto!
RispondiEliminamassimolegnani