Le alternative sono due: o Aboubakar Soumahoro sapeva
che la moglie e la suocera erano delle truffatrici, o non lo sapeva. Nel primo
caso era complice, nel secondo, a sua volta, truffato.
Alternative che valevano al momento in cui
sono emerse le accuse a carico delle due donne, quasi un anno fa, per la
precisione undici mesi. Lasso di tempo in cui un uomo, un marito, un
parlamentare della Repubblica italiana ha avuto tutto il tempo per fare alla
moglie delle domande, e ottenere risposte precise e documentate. Chiarirsi,
insomma, e quindi chiarire la sua posizione nella vicenda.
Se questo confronto è avvenuto è rimasto tra le mura
della villetta di Casal Palocco, mentre l'uomo continuava a prendere posto
sugli scranni di Montecitorio. E così le alternative iniziali ora sono sempre
due, ma mutano di forma: o era complice già da subito, dunque doppiamente
responsabile per essersi candidato, o lo è diventato con l'aggravante di non dimettersi. Anche nel caso si
tratti di quella particolare forma di complicità chiamata scemenza, propria di
chi viene ipnotizzato dalla lingerie griffata di una bella donna.
In entrambi i casi la considerazione nei suoi
confronti non potrà che essere minima, e per esprimerla non abbiamo bisogno di
attendere il giudizio della magistratura.
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