Pic Indolor! Finalmente l'ho trovata, è da un po' che ci giravo
attorno. Pic Indolor è la metafora definitiva, quella che fa rientrare nel
perimetro dello sguardo il debordare sfranto del nostro tempo; alle coordinate
geografiche in cui mi trovo, perlomeno. Altrove il male fa ancora male.
Con Pic Indolor, invece, bene e male divaricano definitivamente:
per guarire non devi più soffrire al modo dei bambini nati prima dell'epifania
di Sandokan in tivù, e perforati nelle natiche da enormi aghi a ogni mal
di gola stagionale. Regolare come i treni quando c'era Lui, caro Lei, le
tonsille si ingrossavano dopo la prima battaglia a palle di neve.
Ma il vero supplizio era quello domestico che veniva dopo, con
l'acme preventivo alla vista della minacciosa siringa: "La puntura no, la
puntura NOOO!"
Eppure scopro adesso che avrebbe potuto esserci evitato, tra
quei bambini col febbrone e il nonno che accorre con il Corrierino dei piccoli c'ero anch'io. L'ago indolore monouso fu inventato
dal Cavalier Boglietti nel 1963, ma si diffuse nelle famiglie italiane –
complici le nostre madri diffidenti o sparagnine – solo a partire dalla fine
dei '70.
Da quasi mezzo secolo siamo dunque entrati nell'evo
dell'iniezione spettrale. Qualsiasi cosa si insinua nelle nostre carni in punta
di piedi, anche il vaccino per il Covid, può andare ci dice l'infermiere, come
posso andare, già fatto?, che non a caso era il claim pubblicitario dell'ago
Pic Indolor.
Solo dopo qualche ora la spalla comincia a dolere, ma tra causa
ed effetto ha smesso di esserci un nesso percepito. Il tutto nell'Occidente
pacificato da una guerra consegnata a margini ugualmente vaghi. Quando ti cade una bomba sul
tetto di casa, il dubbio sulla ragione per cui non c'è più la parete tra te e
il vicino di solito ti viene. Se siete ancora vivi potete abbracciarvi,
rimuovere i calcinacci, mettere in salvo vecchie fotografie. Oppure lo puoi
rimproverare perché ascolta sempre musica klezmer a palla.
La relazione tra dolore e agente che lo procura potremmo anche
chiamarla conflitto: Pic Indolor non confligge con l'epidermide, la perfora
dolcemente. Eppure non abbiamo smesso di stare male – io ad esempio sto
malissimo, non so voi... – ma è un dolore al netto di conflitto, causa, nemico.
Stiamo male e basta.
Per questa ragione propongo la messa al bando di Pic Indolor,
ritorniamo agli aghi che ti spaccavano il culo. Dopo avere stramaledetto la
mamma, la zia o una conoscente che millantava di avere frequentato un corso di
primo soccorso, quel dolore che possedeva una provenienza puntuale (e puntuta)
poteva produrre i suoi benefici effetti – AHIA! Però il mal di gola dopo due o
tre giorni passava, e potevi riprendere il lancio delle palle di neve.
Ora invece rimane, è una sofferenza senza conflitto, se non come
eco remota nelle trasmissioni televisive; le monumentali labbra di Lilli Gruber
lo pronunciano ma noi non lo vediamo, non lo proviamo. Così come Telefo ci
mettiamo allora in ricerca del medicamento per quella ferita che non rimargina;
lui lo scopre coincidere con l'origine traumatica, del conflitto è quasi sempre la premessa. L'eroe greco, dopo molte peripezie, ritrova infatti la rugginosa
lancia di Achille, che ad anni di distanza converte in bene il male inflitto.
Per quanto mi riguarda, dove devo cercare, quali mari in
tempesta solcare, prove iniziatiche superare per essere infine benedetto dal principio
di un dolore che non ha trauma, o se ce l'ha si nasconde talmente bene
da non potergli fare toppa a nascondino?
Datemi un conflitto, un trauma, un nemico con cui fare pace; ma un nemico vero, non quella caricatura che sono i tifosi di una squadra diversa dagli undici milionari che abusano del più prezioso tra i pronomi: noi. Offrite anche a me una lancia che laceri e quindi guarisca le carni. Non chiedo tanto, mi basta una versione miniaturizzata e pop, una vecchia siringa che sobbolle sui fornelli di cucina. E prendetevi indietro l'invenzione che avrebbe dovuto redimere il mondo, ma ha solo confinato il male sotto al tappeto.
Facciamo così: a me un unico acutissimo strillo, e a voi la foresta di aghi in acciaio Inox sterile e a triplice affilatura. Pic Indolor, a mai più!
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