Quando invito un amico in quella trattoria che
conosco solo io – non sta nemmeno su TripAdvisor, entrando simulo sempre
grande confidenza, baci alla titolare, abbracci al cuoco, come Calboni quando
arriva a Cortina con Fantozzi –, quando sono lì e viene servita in tavola la
prima portata, comincio quello che sarà il refrain di tutto il pasto: “Hai
visto, cosa ti avevo detto, eh… Come ti sembra, eh… Delizioso vero?!”
In genere le pietanze sono davvero buone, ma non
farebbe differenza se avessero messo lo zucchero al posto del sale, il pesce fosse stato guasto, l'arrosto bruciato: non cambierebbe nulla se quel
giorno avessimo partecipato a un clamoroso fiasco, intendo.
La mia è dunque una difesa a oltranza, o, ancora meglio, ad personam – quando la persona da difendere e celebrare sono ovviamente io, depositario di un prezioso segreto culinario a cui, per proprietà transitiva dell’amicizia maschile, il mio commensale viene ora iniziato.
La mia è dunque una difesa a oltranza, o, ancora meglio, ad personam – quando la persona da difendere e celebrare sono ovviamente io, depositario di un prezioso segreto culinario a cui, per proprietà transitiva dell’amicizia maschile, il mio commensale viene ora iniziato.
Diversamente, se l’amico viene invitato a casa e a cucinare è mia madre – ma sarebbe uguale qualsiasi altro parente: moglie, figli,
fidanzata – cambia decisamente la musica: “Massì, una cosina… Non sembra
anche a te che sia troppo cotto...? Glielo dico sempre (a quella) di usare l’olio
biologico… Mmm, io avrei aggiunto un po’ di noce moscata, tu no?”
Ma ora che ci penso, è ciò che faceva mio
nonno con mia nonna, e anche l’altro nonno, pure lui quante volte gli ho
sentito dire le stesse cose, e mio padre a ogni minestrone milanese, mio zio, mio cugino… Ora
che ci penso è ciò che fanno quasi tutti maschi che conosco.
Se dunque anche voi appartenete al genere maschile e vi
siete riconosciuti in questo quadretto gastronomico: fatevi una domanda e
datevi una risposta.
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