A distanza di una manciata di giorni dal Festival di
Sanremo, confermo, per quel che vale, la mia prima impressione: l’unica canzone
davvero bella è quella di Colapesce e Dimartino, per quanto non male anche Max
Gazzè ed Extraliscio.
Mi ricorda, Musica leggerissima, la pelle di un’adolescente dentro un film di Rohmer – superficie
tonica e abbronzata, ma già satura e gravida dei lutti successivi. A un certo
punto però compare il ponfo procurato dalla puntura di un insetto, deve essere
una zanzara. Sì, è proprio una zanzara, e infatti non smette di ronzarmi nelle
orecchie una frase del testo: “metti un po’ di musica leggera nel silenzio
assordante…”
Silenzio assordante, non infastidisce anche voi?
Tecnicamente si tratta di un ossimoro, l’affiancamento
di termini antitetici. Una strategia retorica che dovrebbe rendere la lingua
più viva ed espressiva, comunicando il senso di smarrimento suscitato dal
paradosso. Ma come in tutti gli artifici, l’uso, quando diviene abuso
giornalistico, vezzo pigramente ripetuto in ogni occasione verbale, finisce col
produrre il risultato opposto, restituendo l’impressione di sciatteria, mancanza
di acutezza nominale.
Lo scrittore Raul Montanari lo chiama effetto
lamiere contorte, da cui uno scrittore dovrebbe fuggire come dalla peste, anzi
il Covid. Quante volte, nella cronaca degli incidenti stradali, abbiamo sentito questa espressione: il corpo giaceva tra le lamiere contorte?
Una descrizione non difettosa – le lamiere di una
macchina incidentata sono effettivamente contorte – ma che il nostro orecchio
accoglie senza alcun sussulto, attutita dall’abitudine. Eppure, basterebbe
sopprimerne la coda per recuperare forza e verità: il corpo era disteso (non
giaceva, che è ugualmente un verbo abitudinario) tra le lamiere, lamiere e
Colapesce e Dimartino avrebbero così potuto affidarsi
a soluzioni alternative. Se per ragioni metriche non potevano rinunciare all’avverbio,
gli si apriva la prateria offerta dal dizionario della lingua italiana. Butto lì:
metti un po’ di musica leggera nel silenzio pressante, insinuante, vacante, latente…
Comunque meglio, no?, anche solo per il fatto che gli accostamenti non sono ancora entrati nel birignao giornalistico e televisivo. Ma la canzone, la
bella canzone, appartiene a loro, non è mia. Li invito dunque a modificare
quella frase infelice almeno nelle esecuzioni dal vivo, per scacciare la punturina di zanzara che intacca la pelle di un brano altrimenti perfetto.
Nessun commento:
Posta un commento