sabato 8 dicembre 2018

La scrittura e l'ombra, un dialogo

Leggo, tra i miei contatti Facebook, il monito di uno scrittore agli aspiranti colleghi, ai quali ricorda "che si scrive in italiano e quindi non è possibile che non si sia letto Manzoni D'Annunzio Volponi Pomilio, mentre si conosce a memoria l'opera di un oscuro autore di racconti dello Utah." 
Io stimo il lavoro, centellinato, di quello scrittore quasi famoso, e mi conforta il suo asserire così categoricamente un pensiero che ho sempre condiviso, e dunque mai messo in discussione. Mi è però venuto il vezzo socratico di interrogare me stesso, trasformando ogni certezza in domanda. 
E dunque, Domanda: Perché è necessario, volendo diventare scrittori, leggere Manzoni D'Annunzio Volponi Pomilio, e non conoscere a memoria l'opera di un oscuro autore di racconti dello Utah? 
Risposta: Che diamine, perché sono italiano! Nemmeno so bene dove si trovi lo Utah e mi sono ignote le regole del baseball; per non parlare del wrestling, che mi fa ridere, o dei popcorn, di cui mi si incastra la pellicina sul palato. Inoltre, vado poco oltre la frase "the book is on the table".
Domanda: Intendi dire che è una questione di linguaggio? 
Risposta: Sì, è così. Parlo la lingua del mio Paese. Devo quindi conoscere gli autori che con maggior forza, o riscontro, si sono espressi con gli stessi termini, modulazioni sintattiche, suoni. 
Domanda: Dunque scrivere significa appartenere a una lingua come si appartiene a una famiglia, a una nazione, a un partito o a una squadra di calcio, e non a un immaginario che non ha tessere e confini? Da ciò ricavando che ogni lettura in traduzione è un'esperienza inautentica. 
Risposta: Beh, sì, no, voglio dire… 
Piccolo aiutino da parte della Domanda: Senti, te la butto lì. E se scrivere, con ambizioni di pubblicazione intendo, fosse piuttosto il gesto di qualcuno che con le parole aggancia, dentro di sé, qualcosa che sta anche fuori, negli altri, in uno spazio aperto ma collegato, cercando con le proprie letture una risonanza con quel nucleo ancora indistinto eppure fecondo? Un modello insomma, da onorare ma anche tradire, o meglio trascendere. 
Primi dubbi, la Risposta tentenna: Interessante, vai avanti! 
La Domanda non si fa fregare: No, sei tu che ora devi andare avanti, tu quello che vuole fare lo scrittore. Oppure preferisci il critico letterario? Perché, in questo caso, davvero devi conoscere ogni pagina composta in italiano, e non solo da Manzoni ma anche da Mughini. 
Risposta: No no, non mi ci sento tagliato come critico letterario, non è la mia tazza di tè. 
Domanda: Lo vedi, hai appena utilizzato un'espressione anglosassone. Un po' trita, fattelo dire. Ma da molti decenni l'esperienza che abbiamo del mondo non è più un'esperienza geograficamente limitata. Quanto alla lingua, è vero: Don DeLillo non ha pensato le sue storie nella lingua in cui scrivi. Ma nemmeno Fenoglio l'ha fatto. Fenoglio ha in molte occasioni realizzato una prima stesura in inglese, per poi ritradursi in italiano. E tu, senti di risuonare con la lingua di Fenoglio e DeLillo, per quanto in traduzione, o con quella di D'Annunzio? 
Risposta: I secondi, i secondi che hai detto! 
Domanda: E allora perché non impari ad andare oltre le dogane che, puntualmente, qualcuno cerca di tracciare, e senza troppe preoccupazioni non ti costruisci il tuo personale canone di letture. Perché per scrivere bisogna anche leggere, questo è fuori dubbio. Un bravo scrittore italiano ci ricorda che "scrivere senza leggere è come pretendere di essere amati senza amare".
Risposta: Wow, questa me la segno!
Domanda: Bravo, segna, segna pure. Perché per scrivere bisogna imparare anche le frasi degli altri, ripeterle ad alta volce, dialogare con le ombre. Ombre tanto più estese e grandi della nostra, naturalmente. Ma anche con quelle piccoline. Vuoi dunque imparare a memoria l'oscuro scrittore di racconti dello Utah? Ok, fallo. Quando apri un libro di D'Annunzio ti viene voglia di invadere la Dalmazia? Nessun problema, non leggerlo. Però devi sapere che non tutto è uguale a tutto, il valore è asimmetrico e spesso ci vogliono secoli per riconoscerlo. Anche se i film di Kubrick e Sergio Leone sono il più delle volte ispirati da romanzi minori, piccole ombre.
La Risposta è perplessa: E cosa c'azzeccano adesso il cinema e le ombre, non stavamo parlando di letteratura? 
Domanda, che inizia a spazientirsi: Se non l'hai ancora capito, cosa c'entra il cinema ma anche la storia dell'arte, la filosofia, la boxe, le zebre con o senza pois, le gare di go-kart, la 
numismatica, l'otorinolaringoiatrica, se non hai capito che tutto e niente c'entrano con la via per diventare scrittori, accomodati pure. Sullo scaffale della libreria c'è D'Annunzio che ti aspetta. 
Risposta, spiazzata, che a sua volta domanda: Ma devo leggerlo proprio tutto tutto, anche gli epistolari con la Duse, se voglio diventare uno scrittore…? 
Resa finale della Domanda: Getto la spugna, con te è come cavare sangue dalle rape. Torna pure su Facebook. Che io vado a leggermi un oscuro autore di racconti dello Utah.

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